C'è un'isoletta nelle Ebridi Interne in Scozia, che è la patria del whisky torbato. La tradizione vuole che per essiccare il malto nei forni non si usi legna o carbone bensì torba, un deposito composto da resti vegetali sprofondati e impregnati d'acqua, lo stadio iniziale del carbone in formazione. Largamente disponibile sull'isola, ha fatto sì che le otto distillerie del luogo diventassero famose e amate in tutto il mondo. Da Islay infatti partono ogni anno 25 milioni di bottiglie di marche famosissime, da Ardbeg a Caol Ila, da Lagavulin a Laphroaig.
Il whisky prodotto grazie all'uso della torba ha un gusto inconfondibile. Appena accennata o decisamente marcata, la nota di affumicatura per prima cosa accarezza le narici poi passa a solleticare la lingua e regala infine una presenza persistente che rinfranca e riscalda. Il malto acquista così tutta la sua potenza e lo iodio è sublimato dall'aroma delle spezie e del cioccolato.
Saggezza nipponica
«Un bicchiere di whisky bisogna prima guardarlo, e quando ci si stanca di guardarlo incominciare a bere. Come con una bella ragazza». Così scrive Haruki Murakami, forse il più famoso scrittore giapponese. Sono ancora da rendere note le modalità con cui si passa dalla contemplazione all'azione. Certo prendere la ragazza come un bicchiere e bermela non suona molto romantico. Comunque, fatto è che proprio il Giappone sia diventando negli ultimi anni uno dei paesi più interessanti sul mercato del whisky, anche nelle sue declinazioni torbate. Sempre di un'isola si tratta, un tantino più lontana, dagli strani costumi ma a quanto pare dotata nella distillazione (seppure copiata) e nella seduzione. Bicchiere alla mano dunque, prossima tappa Giappone, alla ricerca del signor Murakami che si vanta tanto esperto di corteggiamento. In alternativa, potrei direttamente testare sul genere femminile dagli occhi a mandorla le sue tecniche brutali. Sapete quelle cose sulle differenze culturali, magari se chiedo gentilmente se posso berle suona come un complimento.